Nel kendo e nello iaido non parliamo mai di “lezioni” o “corsi”; raramente usiamo il verbo “imparare” e la parola giapponese “sensei” non vuol dire ”insegnante”, ma “nato prima”.
L’essenza della pratica delle arti marziali è la stessa pratica, come mezzo per lavorare su noi stessi.
Riportiamo un brano tratto da “La Via della Spada”
di Franco Sarra (Shumpukan Milano), nel quale bene si evince il significato di “pratica”:
“Il Kendo deve essere praticato sempre, in ogni occasione e in ogni condizione fisica. Non ha importanza "essere in forma" oppure no, stare bene o essere acciaccati, essere giovani o anziani, essere uomo o donna, avere caldo o freddo. Bisogna praticare in ogni occasione e in ogni condizione e non solo quando si ha voglia, bisogna sempre dare il proprio massimo, senza fare calcoli o risparmiarsi.
In ultima analisi, l'addestramento del Kendo non è finalizzato a uno scopo. Esso stesso è lo scopo.
Non ci si deve allenare in vista di un obiettivo: una gara, un esame, una dimostrazione. Ci si allena per temprarsi, perché, attraverso la perseveranza nella pratica, si plasma il corpo e lo spirito, migliorando se stessi.
Si tratta di concetti ostici da esprimere e di difficile immediata comprensione, che possono essere appresi solo attraverso la continua pratica fisica della disciplina.”
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