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Ken-tai-icchi

Sebbene relativamente poco conosciuto, ken-tai-icchi è un concetto fondamentale del kendo e di tutte le discipline marziali.

Iniziamo subito con un chiarimento: non ci stiamo riferendo a ki-ken-tai-icchi, il principio fondamentale di unità tra spirito, spada e corpo, ma ad una cosa radicalmente diversa e che solo incidentalmente usa termini con la stessa pronuncia, ma dal significato molto differente:

  • 懸 (Ken): attaccare

  • 待 (Tai): attendere

La spiegazione che viene normalmente aggiunta è: “ken-chu-tai, tai-chu-ken” (懸中待, 待中懸), ovvero “attaccare durante l’attesa e attendere durante l’attacco”. Il concetto è quindi ben esplicitato: essere in uno stato d’animo propositivo e orientato alla ricerca dell’occasione per attaccare, ma al contempo non farsi prendere dalla fretta e attendere che si sia creata - o che nasca - la situazione adatta ad un attacco completo ed efficace. Se infatti è vero che nella ricerca dell’occasione di attacco dobbiamo mantenere corpo e spirito “fermi” e rilassati mentre magari muoviamo la punta della shinai, i piedi e la voce, deve anche essere vero l’opposto: quando da fuori appariamo fermi e in attesa, stiamo in realtà creando una forte pressione, alla ricerca del momento giusto per attaccare. Lo spirito e il corpo sono quindi in movimento e fermi allo stesso momento, secondo un concetto molto caro al buddismo zen.


A livello pratico, questo principio si esprime alternando, se non addirittura sovrapponendo, “seme” e “tame”, ovvero la pressione del nostro kamae, alla ricerca di una destabilizzazione dell’avversario, e una sorta di attesa, di sospensione, per verificare che da questa azione si sia riusciti a creare un’effettiva opportunità di attacco. Si tratta di un concentrato di stati d’animo opposti, molto difficile da ottenere, ma fondamentale per raggiungere un alto livello nelle discipline marziali. Se difatti applichiamo un forte seme che mette in difficoltà l’avversario, questi potrà reagire sostanzialmente in due modi: esitare o impaurirsi e quindi indebolire il kamae offrendoci quindi un’occasione di attacco, oppure attaccare istintivamente. Lo stato mentale di ken-tai-icchi ci porta quindi ad essere pronti, nello stesso tempo, ad approfittare dell’occasione che si è presentata per effettuare un attacco ma anche a reagire con un contrattacco se l’avversario cerca di attaccare per primo.

È naturalmente molto difficile riuscire a raggiungere lo stato di ken-tai-icchi e per i primi anni di pratica è sicuramente meglio privilegiare una pratica di attacco e fondata su un forte spirito, a costo di venire colpiti dai compagni di pratica con colpi di anticipo (debana) o con tecniche di contrattacco. Solo quando si è costruito un kendo basato su uno spirito propositivo possiamo innalzare la qualità del nostro kamae ed essere pronti sia ad attaccare che a reagire immediatamente ad un attacco dell’avversario.


Anche nello iaido bisognerebbe cercare di esprimere ken-tai-icchi, anche se non abbiamo un vero avversario davanti a noi. Non è semplice ma l’obiettivo è movere il corpo con tempi e ritmi che siano sì orientati all’attacco, ma non in modo avventato ed eccessivamente aggressivo. Anche praticare troppo lentamente non è però corretto, se non a livello di studio, in quanto mancando la componente di attacco, il tutto perde di logica (riai), e il waza si trasforma in un mero esercizio di stile.


Giuseppe Piva

Kendo renshi nanadan - Iaido renshi nanadan


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